Quando l’arte incontra la memoria dei minatori
All’interno del Parco Archeominerario di San Silvestro l’arte dialoga con la natura e con la storia del territorio. In particolare i visitatori possono scoprire le installazioni Orizzonti nel Parco dell’artista Dario Bartolini e la serie di foto ispirate alla memoria delle miniere abbandonate, scattate da Giovanni Breschi.
ORIZZONTI NEL PARCO 1998. DARIO BARTOLINI
Sculture disseminate nel Parco Archeominerario di San Silvestro danno vita a una mostra permanente.
Le forme e i colori di Orizzonti nel Parco, creati col ferro, il fuoco ed il vetro, sono il risultato del laboratorio che, nel 1998, lo scultore fiorentino Dario Bartolini allestì nella cinquecentesca Villa Lanzi, all’interno del Parco.
Il massimo rispetto della natura e la creazione di forme quasi «trasparenti» sono le principali caratteristiche dello stile dell’artista.
Ed è così che, un po’ a sorpresa, compaiono delle «presenze» scultoree qua è là, lungo i 450 ettari dell’area di San Silvestro.
Opere instabili, come mutevole e non prevedibile è chi osserva. Fragili, effimere e in equilibrio, adattate a un suolo impervio. Opere che si trasformano lentamente (la ruggine polverizza il ferro, la grandine spezza il vetro), inglobate dalla natura.
I SEGNI DELL’UOMO. "DALLA MEMORIA ALLA MATERIA": LE FOTO DI GIOVANNI BRESCHI
Le foto di Giovanni Breschi, ispirate al Parco Archeominerario di San Silvestro, raccontano la memoria di questi luoghi e sono esposte alla stazione di arrivo del trenino della miniera della galleria dell’Ortaccio.
“Trent’anni dopo la chiusura delle miniere, nel 2006 – si legge nella guida del parco scritta da Andrea Semplici – un fotografo si aggira per i vecchi impianti, per gli spogliatoi abbandonati, per le sale macchine coperte dalla polvere. Si sofferma di fronte allo Zero fisso di un contatore. È tentato di indossare delle cuffie anti-rumore rimaste appese a un chiodo. Sono i segni dell’uomo. È memoria. Ma è anche materia che, lentamente, si trasforma. Anzi, in tre decenni, si è già trasformata. Allora Giovanni Breschi, grafico e fotografo fiorentino, scatta. Inquadra macchie di ruggine su una lamiera, ritrae l’incastro confuso di ingranaggi bloccati, legge gli inutili cartelli che avvertivano di pericoli che più non ci sono” […].